8 MARZO 2017 – UN LAVORO PER LE DONNE

8 marzo 2017 UN LAVORO PER LE DONNE Di Daniela BarbaresiSegretaria Generale CGIL Marche Il lavoro delle donne nelle Marche può essere riassunto brevemente da 4 numeri:        7.100 euro di differenza nelle retribuzioni annue tra donne e uomini nel 2015;        760 lavoratrici dipendenti che nel 2015 hanno lasciato il lavoro alla nascita di un figlio, andando a convalidare le dimissioni alla DTL;        34.000 le lavoratrici pagate con i 2,2 milioni di voucher riscossi nel 2015, decuplicati in 5 anni;        34.000 le donne in cerca di occupazione nel 2015 nelle Marche, il doppio rispetto a 10 anni fa. Sono numeri che parlano di vecchie diseguaglianze mai superate a cui si sono aggiunti gli effetti di una crisi che non vuole finire; i numeri di un lavoro che, quando si riesce a trovare, è precario, discontinuo e privo di tutele; sono i numeri delle difficoltà quotidiane e di un lavoro di cura che è ancora troppo sulle spalle delle donne.  Donne alle prese con un lavoro che non c’è o è un lavoro instabile o un cattivo lavoro. Donne spesso impegnate in lavori poveri, con nuove segregazioni e rischi di marginalizzazioni. Lavori di bassa qualità che si accettano in mancanza di alternative. Lavori con orari ridotti anche a poche ore settimanali, part time troppo spesso involontari, lavori accessori, lavori a chiamata, che sostituiscono sempre di più il lavoro stabile.  Per questo la CGIL, ha raccolto in pochi mesi le firme di un milione e trecentomila donne e uomini (32.000 nelle Marche) a sostegno della Carta Universale dei Diritti del Lavoro; una legge per contrastare la precarietà riformando tutte le tipologie contrattuali e per innovare ed estendere a tutti, diritti come quello a un compenso equo e proporzionato, la libertà di espressione, il diritto alla sicurezza, al risposo, alle pari opportunità e alla formazione continua.Una vera e propria “sfida per i diritti”, come recita lo slogan della campagna che abbiamo fatto, perché la vera sfida di questo Paese è quella di garantire a tutti, a partire dai giovani, e dalle giovani donne, un futuro di lavoro e di dignità. Sfida per i diritti che oggi passa anche attraverso i due referendum per abrogare i voucher e per la piena responsabilità solidale delle imprese negli appalti, perché il lavoro non può essere un voucher che si compra in tabaccheria come le sigarette o il “gratta e vinci”; voucher spaventosamente cresciuti negli ultimi anni e utilizzati soprattutto per le donne.La sfida referendaria, inedita e impegnativa, richiede lo sforzo straordinario di ciascun compagno e compagna della CGIL ma è una sfida che possiamo e dobbiamo vincere per riconsegnare un futuro di diritti e dignità a milioni di lavoratori e lavoratrici. Perché il lavoro è dignità, diritti e tutele.  La crisi ha determinato un complessivo peggioramento delle condizioni di lavoro di uomini e donne, determinando un’apparentante eguaglianza che non è altro che un livellamento verso il basso, un progressivo e generalizzato impoverimento generale di tutti e tutte. Ma a guardare bene, le diseguaglianze di genere ci sono e sono ancora marcate: nei livelli di inquadramento,  nei percorsi di avanzamento di carriera e soprattutto nelle retribuzioni, tanto che anche l’Unione Europea alcuni anni fa ha lanciato la campagna “Equal Pay Day” per la parità salariale. Infatti, le lavoratrici marchigiane, oltre ad avere retribuzioni piuttosto inferiori alla media nazionale (1.700 € annui in meno), percepiscono in media 7.100 € lordi annui meno degli uomini. La contrattazione può e deve superare le diseguaglianze di genere ponendo al centro le condizioni di lavoro, l’organizzazione del lavoro, i diritti individuali e collettivi delle donne e degli uomini: stabilità, professionalità, salario, riqualificazione e formazione, ambiente e sicurezza, carichi di lavoro, parità e pari opportunità, flessibilità contrattata, orari, congedi, conciliazione dei tempi di vita e lavoro. Gli accordi non sono mai neutri. Non lo sono gli accordi sul salario variabile, quando si collega il salario alla presenza. Non lo sono neanche gli accordi difensivi, sulla cassa integrazione.  Su alcuni di questi temi in questi ultimi anni abbiamo provato a misurarci. Si pensi alla promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Nonostante le difficoltà, accentuate dalla crisi, alcuni risultati li abbiamo ottenuti tanto che sono ormai circa 60 gli accordi aziendali che hanno introdotto misure volte a favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro: orari flessibili in entrata e uscita, congedi aggiuntivi, par time reversibile per le donne al rientro dalla maternità, e per donne e uomini che devono prendersi cura di figli o familiari non autosufficienti. Esempi di buona contrattazione integrativa con la giusta attenzione ai bisogni delle persone, donne e uomini. Ma adesso occorre andare avanti e portare quei temi sui contratti nazionali e renderli esigibili per tutti e tutte. Ma soprattutto, occorre andare oltre la sola gestione degli orari (non possiamo accontentarci di qualche part time in più), e contrattare una diversa organizzazione del lavoro. Organizzazione del lavoro significa anche competenze, professionalità, formazione, produttività, salario, necessaria ricomposizione di quel lavoro che si è fatto sempre più frantumato, discontinuo, precario.   Perché se non si parla di questo, rischiamo l’effetto opposto con una retorica della conciliazione che in questi anni ha finito per riportare le donne dentro casa ad accudire figli e genitori anziani. E non è un caso se aumentano spaventosamente le donne che lasciano il lavoro quando nasce un figlio. Per questo c’è bisogno di discutere e contrattare le reali condizioni di lavoro di uomini e donne, analizzando il lavoro con un’ottica di genere. E c’è bisogno di parlare di parità, non solo di pari opportunità: il tema della parità deve tornare ad essere centrale. Perché peraltro salari più bassi significa basse pensioni, quando già oggi le pensionate marchigiane percepiscono una pensione media lorda mensile di 586 €, ben al di sotto di quella percepita a livello nazionale e ben al di sotto di quella degli uomini (745 € per le pensioni liquidate nel 2016). Ed è anche riconoscendo il giusto valore al lavoro delle donne e alle competenze che le donne esprimono che si contrasta la violenza sulle donne e quella cultura paternalistica e arretrata su cui trova fondamento la violenza.  Oggi il lavoro che non c’è è la grande priorità. E’ necessario tornare a creare lavoro.Per questo serve una strategia complessiva che apra opportunità e prospettive di lavoro per tutte e tutti, superando questo momento di incertezza, disagio e forte difficoltà attuale. Il “Piano straordinario per il Lavoro e l’occupazione giovanile e femminile” proposto dalla CGIL rappresenta proprio il contributo in termini di progettualità e idee per creare lavoro per dare futuro e sviluppo al Paese.   Un lavoro per le donne. Il lavoro che le donne vogliono.   Buon 8 marzo a tutte! 
 

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