Cgil Marche a convegno su aree interne con il segretario generale Maurizio Landini. Santarelli (Cgil Marche): “Dal 2013 al 2023 perse oltre 5mila attività economiche, valorizzare esperienze positive. La Regione cambi strategia, si rischia di bruciare ingenti risorse”

Dal 2013 al 2023, hanno perso oltre  5mila attività economiche , oltre 600 imprese manifatturiere. Senza contare la flessione demografica e la questione dei redditi,  inferiori di quasi 2 mila euro rispetto alle altre zone. Sono le aree interne delle Marche, una parte consistente del territorio marchigiano: si tratta, spesso, di zone  che in molti casi riescono a garantire ai residenti solo una limitata accessibilità ai servizi.

E’ il quadro che emerge dalla ricerca presentata oggi nel corso del convegno a Camerino dal titolo “Aree interne: restare, transitare, scomparire. Questioni di sfondo e il caso Marche”, promosso da Cgil Marche con il patrocinio dell’ateneo di Camerino. L’iniziativa è stata conclusa dal  segretario generale Cgil, Maurizio Landini, con l’intervista della  giornalista Rai, Patrizia Senatore, alle ore 16,45.

I DATI – Gli indicatori socio-economici mettono in evidenza il grande divario tra questi comuni e quelli delle altre zone. Si parte dalla popolazione: in base ai dati Istat, dal 2014 al 2021, i residenti delle aree interne scendono del -7,8%, un calo più marcato rispetto agli altri comuni (-2,7%), con accentuati fenomeni di invecchiamento visto che, nelle zone interne, si  registrano 242 anziani ogni 100 giovani  mentre per le Marche il valore si abbassa a 207. La flessione demografica coinvolge anche le imprese. Secondo i dati della Camera di Commercio, dal 2013 al 2023, le aree interne hanno perso oltre 5mila attività economiche, -15,9% e più di 600 imprese manifatturiere , – 16,2%. Per quanto riguarda il mercato del lavoro, gli occupati , dal 2018 al 2021, hanno una riduzione del -3,2%; allo stesso tempo, aumenta la popolazione inattiva. All’interno di questa fascia, occorre far risaltare il calo degli studenti  con – 2,4% , in controtendenza rispetto al resto dei Comuni  con  +4,5%. Ultimo capitolo dell’indagine: i redditi.  Secondo i dati del Mef, anno di imposta 2022, c’è un divario di quasi 2mila euro (-8,5%) tra comuni delle zone interne e gli altri comuni, con il 24,8% dei contribuenti che dichiara un reddito inferiore a 10mila euro. Dunque, territori fragili caratterizzati anche da una minore offerta pubblica di servizi sociali: nel 2020 la spesa sociale procapite dei Comuni delle Aree interne si attesta su  93,7 euro. Divario rilevante sia con la generalità degli altri comuni (117,3 euro procapite) sia,  soprattutto, con i nove comuni cosiddetti “Poli”, la cui spesa sociale in termini procapite ammonta a 155,6 euro. 

ANALISI – “Ad oggi, nelle Marche – è l’analisi di Giuseppe Santarelli, segretario generale Cgil Marche  – non esiste uno studio pubblico sulla condizione delle aree interne. Il nodo della questione su cui dibattere è  garantire l’uguaglianza dei diritti  tra tutti i cittadini,  un dovere sancito dall’articolo 3 della Costituzione.  Come Cgil, crediamo che si possa porre un freno al destino di questi territori.  Non ci possiamo abbandonare a questa idea, per così dire, luttuosa, delle aree interne; piuttosto, assieme alle comunità, dobbiamo far prevalere le positive esperienze sociali ed economiche che sono presenti in queste zone”. Quanto al ruolo della Regione, chiude Santarelli, “ in questi anni,  la modalità di distribuzione dei fondi del Pnrr, destinati ai borghi e i bandi regionali,  rischia di bruciare ingenti risorse senza una strategia d’insieme; la stessa attenzione va posta anche sulla ricostruzione post-sisma che deve essere non solo fisica ma anche sociale. E’ tempo di una svolta radicale  pure per il Governo che deve rilanciare le Aree Snai”.