NEET

Vengono chiamate NEET (not in employment, education or training) tutte quelle persone che appunto non sono in un percorso di istruzione o formazione, non lavorano né stanno effettuando una ricerca di lavoro.

Ma questa definizione ci sembra pessima. E spieghiamo perché: 

  1. è data per negazione, non si descrive ciò che una persona è ma ciò che non è, provate ad immaginare una carta d’identità scritta escludendo ciò che un soggetto non è;
  2. sembra neutra rispetto alla fascia d’età, ma sappiamo tutti che è stata confezionata pensando alle persone sotto i 35 anni;
  3. pone la questione come se fosse una casualità, quando invece la cosiddetta “questione giovanile” andrebbe pensata per farla uscire dal bipolarismo politico e mediatico per il quale oscilla tra vittimismo (vedi le politiche attive in cui la persona under 30/35 va presa in carico, come se fosse un soggetto inetto o privo di volontà) e colpevolizzazione (“bamboccioni”, “viziati” o l’entusiasmante chiamata alle armi fatta dalla Regione Marche con la campagna “Tocca a te”, come se fino a quel momento i giovanə fossero stati a guardare i cantieri per ammazzare il tempo).

Se tra i 15 e e i 30 anni si decide invece di abbandonare la scuola, di non tentare o di abbandonare l’Università, se non si sceglie una formazione alternativa (piuttosto, avete presente i dati sulla dispersione scolastica nelle Marche?!), se si rinuncia alla ricerca di un lavoro non è per uno scontro con il destino cinico e baro. Innanzitutto si tratta di una scelta, ci sono delle persone con una volontà ben precisa. E da qui dovrebbe partire un’analisi seria delle motivazioni che hanno condotto a queste scelte, un’indagine che parte proprio dal chiedere a loro che cosa ha portato alla rinuncia.

Basta dunque paternalismi, basta con la presunzione di sapere già quali siano i problemi.

Insomma NEET A CHI?!