LA PRECARIETA’ SI IMPENNA, LA COMPETITIVITA’ PERDE TERRENO

Gianni Venturi, Segretario Generale CGIL Marche   La crisi non si attenua, il quadro congiunturale dell’economia marchigiana si è rapidamente deteriorato, mentre aumenta prepotentemente la precarietà che sostituisce progressivamente il lavoro stabile. Nel mese di ottobre sono state chieste e autorizzate 2,2 milioni di ore di cassa integrazione (Cig), in calo del 16,7% rispetto al 2010 ma di dimensioni ancora elevate e preoccupanti. Da gennaio a ottobre sono già state chieste 23,5 milioni di ore (-27,6% rispetto al 2010, ma +30,6% rispetto al 2009): di questo ritmo a fine anno la Cig arriverà a superare i 28 milioni di ore. Delle 149 mila assunzioni promosse o registrate dai Centri per l’Impiego nei primi sei mesi dell’anno solo il 9,3% è avvenuta con contratto a tempo indeterminato, dunque meno di una su dieci, mentre il 90,7% è fatto da tipologie contrattuali avario titolo precarie. I più utilizzati sono i contratti a termine (45,7% degli avviamenti) e i contratti di lavoro a chiamata, quasi raddoppiati negli ultimi due anni e quadruplicati negli ultimi tre: ormai interessano un’assunzione su sei (16,8%).Forte crescita anche del contratto di somministrazione (12%), mentre si ri­duce ulteriormente anche la quota di contratti di apprendistato (5,5%) anche a causa dell’abuso di strumenti quali i tirocini formativi che spesso mascherano vero e proprio lavoro non pa­gato; per non parlare poi del ricorso crescente ai voucher per il lavoro accessorio. Mentre aumenta la precarietà, si assottiglia il saldo tra assunzioni e ces­sazioni: anche l’Istat conferma che nel primo semestre 2011 l’occupazione nelle Marche è diminuita ulteriormente (-3,7 mila occupati rispetto al 2010) e calerà ancora nei prossimi mesi (in dagine “Excelsior”), mentre crescono le persone in cerca di lavoro (oltre 40 mila disoccupati, +2.800 mila rispetto al 2010), soprattutto donne e giovani; contestualmente cresce l’esercito degli scoraggiati che hanno smesso di cercare lavoro pur essendo disponibili a lavorare. Intanto il tasso di disoccupazione sale al 5,8% dal 5,4% dell’anno scorso. Dunque, i segnali del mercato del lavoro marchigiano sono tutt’altro che confortanti. Ma troppa precarietà, oltre a penalizzare i lavoratori e le loro condizioni di vita, danneggia le imprese, ne abbassa la qualità dei prodotti e le rende meno competitive; dietro a troppa precarietà si nasconde una scarsa qualità del lavoro e delle produzioni. Per questo non è dai “licenziamenti facili” che si deve partire, introducendo un nuovo dualismo nel mercato del lavoro magari in nome del superamento di quelli esistenti, ma dall’urgenza di interventi a sostegno dell’occupazione, della sua qualità e della sua stabilità, in particolare per le nuove generazioni. È urgente una riforma organica degli ammortizzatori sociali che permetta a tutti di accedere a misure di protezione, assicurando la copertura dei periodi di intermittenza nel lavoro per i precari. Inoltre, il contratto di apprendistato deve diventare la principale for­ma di ingresso nel mondo del lavoro dei giovani: la Regione deve legiferare tempestivamente per dare piena attua­zione alle nuove forme di apprendistato e al contempo limitare l’eccessivo e spesso improprio ricorso ai tirocini formativi. Per rilanciare la crescita e la competitività del nostro sistema produttivo sono necessari significativi in­vestimenti nell’innovazione che garantiscano maggiore produttività e quali­tà. Occorre sostenere i settori più d’avanguardia e le produzioni più innovative dei settori tradizionali, quelle a maggior apporto di conoscenze, competenze, professionalità, qualità del lavoro. Ma soprattutto occorre investire nella qualità del lavoro, nella condizione di lavoro, nella valorizza­zione delle competenze e delle professionalità in una dimensione di occupazione stabile che deve tornare a essere considerata come ordinaria e indispensabile sia per la competitività delle imprese sia per la sostenibilità delle po­litiche di welfare: un welfare non solo lavoristico e non solo risarcitorio, ma leva strategica di promozione dello sviluppo e della sua qualità sociale. 

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